Alberobello, storia di trulli e di buon cibo
Silva Arboris Belli, era il suo nome latino, Iarubedd quello in dialetto. Per tutti è meglio nota come Alberobello, la città dei trulli. E la sua fama internazionale è dovuta proprio alle caratteristiche abitazioni circolari che, dal 1996, sono patrimonio dell’umanità dell’UNESCO. Sono circa un migliaio i trulli presenti nel centro storico; un intero quartiere suddiviso in due rioni: Monti e Aia Piccola, entrambi monumento nazionale. Tra stradine, scalette e viottoli il turista rimane estasiato da queste costruzioni, a metà tra il fiabesco e il fantastico. Il trullo più grande è il Trullo Sovrano, eretto nella seconda metà del ‘700 e a forma di trullo è anche la chiesa in stile romanico-pugliese di S. Antonio costruita nel 1926. Tra il quartiere Aia Piccola e piazza del Popolo sorge invece Casa Pezzolla, il più grande complesso di trulli comunicanti e contigui, sono 15 in tutto. Ma come hanno avuto origine queste costruzioni circolari? Alla base della loro nascita c’è una ragione molto concreta: non pagare le tasse. Nel XV secolo, infatti, il Regno di Napoli sottoponeva ad un tributo ogni nuovo insediamento urbano. Così, i conti di Conversano, proprietari del territorio su cui sorge oggi Alberobello, per non pagare il tributo, imposero ai contadini che si stabilirono nella zona di edificare a secco le loro abitazioni, in modo che potessero configurarsi come costruzioni precarie, di facile demolizione. Dovendo, quindi, utilizzare soltanto pietre, i contadini trovarono nella forma rotonda con tetto a cupola autoportante, la struttura più semplice e solida. Si racconta che nel 1644, prima dell’arrivo di un’ispezione regia, il conte ordinò ai coloni di demolire le loro case ed allontanarsi. In una sola notte tutti i trulli vennero demoliti e il giorno seguente gli ispettori trovarono solo pietre sparse. Ma ad Alberobello è la cucina che completa questo magico panorama: nella sua semplicità, genuinità e per la capacità di restistere a innumerevoli contaminazioni, le tipicità di Alberobello sono esse stesse patrimonio da tutelare. Nei ristoranti di Alberobello l’espressione della tradizione culinaria dei contadini medioevali si ripropone intatta fino ai giorni nostri negli ineffabili antipasti che possono superare anche le 20 portate e nella preparazione di “secondi” ormai altrove dimenticati: purea di fave con le cicorie, fave nasello con companatico, cime di rape con fagioli, lagana con ceci e tanto altro ancora. Consigliamo vivamente di far tappa in questo territorio dalla gente per bene, dai ristoranti economici e dai paesaggi mozzafiato.