Che tristezza i panettoni 68 giorni prima del Natale
Qualcosa non mi torna. Torno a casa dopo aver fatto la spesa al supermercato, prendo il calendario e conto, uno, due, tre fino a sessantotto: A Natale mancano 68 giorni, ancora 68 giorni, eppure ho già avvistato in corsia la prima piramide di panettoni! Panettone classico, panettone con prosecco, panettone al mandarino, panettone al caffè, panettone senza zucchero, panettone senza uvetta e con canditi, panettone con canditi e senza uvetta. Un avvistamento che ha più dell’invasione. Un esercito di opliti cartonati e colorati che hanno confuso il giorno dell’appuntamento.
A Natale mancano 68 giorni, battete la ritirata! Non mi piace, e non credo di essere la sola, che mi vengano anticipati i desideri. Perché questa è un’anticipazione del desiderio bella e buona. Cibo e desiderio… un matrimonio felice che dura da quando l’uomo ha messo piede sulla Terra. La letteratura lo ha magnificamente raccontato, penso al Don Giovanni, il desiderio per l’amata è la bramosia di chi ha fame, il cinema pure non è stato da meno, mi viene in mente “Come l’acqua per il cioccolato”, un film del 1992, tratto dal romanzo di Laura Esquivel, nel quale il cibo diventa lingua segreta dell’amore. Per non parlare di quando il desiderio ed il cibo si fanno erotismo. Freud, nell’opera “L’uomo dei lupi”, rifletteva su come convivialità ed erotismo hanno persino riorganizzato il linguaggio. Ti mangerei per quanto ti amo, oppure, per descrivere una storia che ha esiti scandalosi, usiamo la parola piccante.
Cibo e desiderio si consumano e ci consumano, cibo e desiderio rimandano al corpo, un corpo che non è più soltanto fisico ma simbolico. E nel desiderio, l’attesa è strumento di giusta consapevolezza dell’importanza delle cose. La tendenza attuale è quella dell’hic et nunc, qui e adesso, negli scaffali, è sempre tutto disponibile. Ai bambini bisogna spiegare che le arance sono un frutto tipicamente invernale anche se le spremiamo tutto l’anno e che la pesca, invece, è un frutto estivo, da mangiare quando indossi le maniche corte, che se è buona, il succo arriva fino agli avambracci. La natura non sbaglia mica. Bisognerebbe sfidare questa concezione imperante e questa convenzione del fuori stagione. Ci vuole sempre un inverno per desiderare una nuova estate e questo vale anche per il cibo, l’anticipazione della domanda ha la sua regola commerciale, ovviamente, ma la regola dell’uomo viene prima. Il mio desiderio ed il mio cibo. Non delegare nessuno dei due ad altri è il modo migliore per uscire dal circuito del “produci consuma crepa”. Il mangiare bene ed il bere bene, desiderando, non appartengono mica solo all’elite radical-chic, facciamone bisogno collettivo. Siamo noi a fare la domanda. Cominciamo a chiedere altro, non soltanto quello che ci viene proposto. Un esempio: il tonno rischia l’estinzione a causa della pesca intensiva. Il tonno ha un ha un alto valore commerciale e non sarà facile introdurre una regolamentazione che limiti il prelievo di questo pesce a rischio ma possiamo assumere comportamenti alimentari che prediligono altre specie, creando variabilità nella domanda.
Cibo e desiderio rimandano ad un corpo simbolico nel quale iscriviamo i segni della nostra appartenenza, questi segni che il cibo ed il desiderio tracciano sulla nostra pelle, sono storie, persone che abbiamo amato, ricordi che si fanno presenti. No, io non voglio mangiare il panettone 68 giorni prima che sia Natale, lo voglio desiderare, aspettare, accarezzandomi il segno sulla pelle dei Natali della mia infanzia, quando, con l’uvetta del panettone, ci coprivo le caselle dei numeri della tombola.