Decanter punisce i rosati italiani
La degustazione di vini
rosati provenienti da tutto il mondo, organizzata dalla celebre
rivista inglese Decanter non ha certo reso felici i produttori di
vini italiani che si sono visti sorpassare, senza troppo impegno, da
cileni, spagnoli, francesi e neozelandesi. L’esito della degustazione
di ben 211 vini effettuata da un panel di 10 persone, pubblicata sul
numero di settembre di Decanter, è stato – per i vini italiani –
un flop inaspettato: nessun rosato tricolore si è aggiudicato i
punteggi più elevati, quello di cinque stelle, il Decanter Award,
toccato ad un solo vino, un Pinot nero cileno, e quello di 4 stelle,
“highly recommended” toccato a solo sei vini, quattro
francesi, uno spagnolo ed uno neozelandese. Tre rosati italiani
hanno ottenuto il giudizio di “recommended” di tre stelle,
pari ad una percentuale del 4,28 sul totale dei 70 tristellati, dieci
hanno ottenuto due stelle “fair”, ovvero discreto
(percentuale del 9,90% sul totale di 101 bistellati), dieci hanno
avuto una stella, ovvero “poor” sul totale di 28
monostellati (percentuale del 35,71%) e uno infine ha ottenuto una
valutazione di difettoso (percentuale del 20% sui cinque vini che
hanno avuto questa valutazione).Ad onor del vero tra i
rosati italiani che sono stati selezionati per la degustazione non
c’erano i rosé più prestigiosi, quelli composti, ad esempio con
vini pugliesi con base Negroamaro o da abruzzesi formato
Montepulciano Cerasuolo o ancora da vini campani, calabresi,
siciliani, lucani, da lagrein altoatesini, da vini del bacino
gardesano di sponda bresciana o veronese, da outsider di valore base
Nebbiolo, Sangiovese, Rossese, e tante altre uve. Non di certo un
boicottaggio ma, comunque, una degustazione di impostazione
chiaramente commerciale, tesa a privilegiare vini dal prezzo non
elevatissimoproprio per offrire una fotografia vera del mercato da
”scaffale” e non da ”cassaforte”.
Quelli di Decanter non
hanno sicuramente fatto le cose nel modo migliore non selezionando e
magari adducendo come scusa il fatto che non sono in vendita nel
Regno Unito (non del tutto vero),
ma visto ormai l’esito
pubblicato e già spedito a tutto gli abbonati, non ci resta che
suggerure ai vari consorzi, soprattutto delle regioni Puglia e
Abruzzo, di adoperarsi a rimpinguare gli scaffali londinesi nelle
etichette più rappresentative: almeno una scusa non potranno più
usarla.