Incarti appetibili e piatti colorati: siete sicuri di avere fame?
Basta mangiare colorato e sai che figurino! Se da sempre la spietata macchina del marketing alimentare si è presa gioco della semplicioneria del consumatore e della sua psicologia suggestionabile, proponendo incarti talvolta più appetibili del loro contenuto, ebbene si è scoperto – ma forse già lo si sapeva perfettamente – che il colore conta eccome. In che senso? Nel senso che la scienza del colore interviene assai incisivamente sui nostri impulsi primitivi, tra questi l’appetito, che oltre a venir mangiando, viene anche “guardando”. E sembra che, allo stesso modo, il colore incida anche sul rifiuto o sul senso di sazietà.
Secondo un recente studio condotto da un gruppo di ricercatori della Cornell University di New York, la fame aumenta se si consuma un alimento dello stesso colore del piatto o quantomeno di una gradazione affine. Dopo aver tenuto sotto osservazione gruppi composti da 60 partecipanti, i bianchi incamiciati hanno potuto constatare che se un alimento è dello stesso colore del piatto, il partecipante tende a servirsi porzioni più copiose, al contrario se la pietanza è di un colore in contrasto con il piatto su cui è servita, il partecipante verrà chiamato a rapporto dal cervello che lo inviterà prontamente a darsi una calmata, rendendolo in un certo senso più consapevole della reale dimensione della porzione. Tutto ciò è più o meno traducibile in uno scherzetto che ci giocano i colori e che consiste nell’illusione ottica di percepire il piatto come vuoto, nel caso in cui la portata sia dello stesso colore del piatto, sollecitando così a mangiare porzioni più abbondanti e precisamente tra il 17 e 22% in più rispetto a quando invece la pietanza è in forte contrasto con il piatto, andando così a stabilire uno stretto legame tra assunzione di cibo e colore di sfondo.
Questa teoria, secondo gli studiosi, sarebbe capace a sua volta di intralciare efficacemente un’altra illusione da ingordi, ovvero quella che vuole che a piatto grande corrisponda grande porzione, poiché altrimenti sembrerebbe vuoto (ma questa è solo una bieca scusa da vecchie volpi).
Quindi, la monocromia in tavola, estesa finanche alla tovaglieria, abbassa la probabilità di un rapace over-serving e conseguentemente il rischio di ingrassare. Insomma, non si discute sul fatto che i colori esercitino un fascino primordiale sull’appetito, ma va anche detto che uno stomaco vuoto è difficile che si lasci raggirare dall’illusionismo ton sur ton. Si dice che caval che ha fame, mangia d’ogni strame, figuriamoci se si sta a guardare il perfetto contrasto cromatico di piatto e pietanza, se non per appagare un piacere di tipo estetico.
E poi che dovrebbe fare una persona a dieta, che già conduce una vita alimentare desolante, rinnovare per intero la stoviglieria? Portarsi a cena fuori un piatto nero ché il nero tanto va con tutto? Credo che siano davvero pochi i trucchetti capaci di andarsi a sostituire alla cara, vecchia ricetta della buona volontà, unita alla costanza e al saper mangiare. Quando la scienza va presa con le pinze. Da cucina, magari.