Novità nel mondo della pizza: lo chef Pietro Parisi inventa limpasto con il lievito fujuto
Se potrà considerarsi una rivoluzione nel mondo della pizza lo sapremo solo vivendo. Intanto può essere considerata sicuramente una novità molto interessante, perché la lievitazione avviene senza lievito (da qui il termine “fujuto”, che sta per fuggito, scappato), bensì attraverso l’azione dei fermenti contenuti nell’acqua di governo e di filatura della mozzarella di bufala.
Chi l’ha inventata è Pietro Parisi, chef del ristorante Era Ora di Palma Campania, un giovane chef che mi piace molto perché, grazie alle sue esperienze in giro per il Mondo e tra le quali spicca quella con Alain Ducasse, riesce a coniugare una grande padronanza delle nuove tecniche con l’attenzione alla tradizione.
Ma cosa si intende per acqua di filatura e di governo della mozzarella? Tecnicamente, l’acqua di filatura è quella nella quale viene fatta filare la cagliata ad una temperatura di 95°. Una volta modellate, le mozzarelle vengono messe in una salamoia nella quale si insaporiscono e che viene usata anche per il trasporto, che avviene in buste, totalmente immersa nel liquido. Quest’acqua si chiama, appunto, “liquido di governo”.
Pietro, che sostiene con decisione la qualità di questo nuovo impasto, mi spiega che, con questo sistema, si abbreviano notevolmente anche i tempi di lievitazione, infatti l’impasto è pronto dopo solo 12 ore, guai a farlo andare oltre. Al termine del processo l’impasto si presenta particolarmente alveolato, cosa che si traduce in una sofficità e una digeribilità eccezionali.
Altro aspetto, forse secondario, ma da non sottovalutare è che tale procedimento si basa su una sostanza altrimenti destinata allo smaltimento, che invece qui trova un nuovo e importante utilizzo.
“Prima d’ora il liquido di filatura era stato utilizzato nell’impasto – sostiene Pietro Parisi – soprattutto nelle sperimentazioni dell’amica Teresa De Masi, per rafforzarne il sapore. Io mi sono spinto ad usarlo nella lievitazione che avviene attraverso l’azione esercitata dai fermenti in esso contenuti”.
Ma perché si chiama pizza con il lievito fujuto? Fujuto perché, con la tipica ironia napoletana, si pensa non ad un lievito assente, ma ad un lievito fuggito. Esattamente come negli spaghetti alle vongole fujute di Eduardo De Filippo, il quale dopo una serata a teatro decise di cucinarsi qualcosa. Aveva desiderio di vongole, ma in dispensa aveva solo spaghetti, olio, aglio, cipolla, pomodori e prezzemolo e così utilizzò questi, unendoli, però, al desiderio che aleggiava nella sua mente, cioè al profumo e al sapore dei frutti di mare.
Al pari di Eduardo, in alcuni vecchi lavori dello storico di gastronomia pugliese Luigi Sada, si riporta la ricetta tratta da un manoscritto settecentesco del medico fisico barese Sebastiano Mola, che raccontava di una ricetta fatta con le pietre di mare in sostituzione del pesce, i “vermicelli con il sugo di pesce fuggito (fessciùte)”. “Fujuto” in napoletano, “fessciùte” nel mio dialetto barese, ma il risultato è uguale e particolarmente divertente: l’ingrediente principale non c’è!
Per il momento questa pizza la trovate solo a Palma Campania nel ristorante “Era Ora” di Pietro, ma è facile pensare che ben presto, questo sistema, che ha ottenuto la “benedizione” del Consorzio Mozzarella di Bufala Campana Dop, possa essere utilizzato su più larga scala.
Quindi il lievito della pizza è fuggito e fin qui tutto bene. Speriamo, però, che sulla scia di questa scoperta non si arrivi ad inventare la pizza con la mozzarella fuggita o il pomodoro latitante. Intanto Pietro Parisi sta pensando persino ad un panettone fatto con lo stesso sistema. L’importante è che di fronte a questa ulteriore novità non scappi Babbo Natale…