Ombrelloni vuoti e stagione da dimenticare? Facciamo il punto perché il problema non è solo questione di prezzi alti

Ombrelloni vuoti e stagione da dimenticare? Facciamo il punto perché il problema non è solo questione di prezzi alti

L’estate 2025 è stata segnata da immagini insolite per un Paese che vive di mare: file di ombrelloni chiusi e lettini vuoti anche nelle località più frequentate. I numeri raccolti a fine luglio parlano da soli: secondo il Sindacato italiano balneari e Assoturismo-Confesercenti, le presenze in spiaggia sono scese mediamente del 15 %, con punte del 25 % in regioni come Emilia Romagna e Calabria. Questo calo non è un episodio isolato – l’Osservatorio Assobalneari segnalava già a metà stagione un -30 % rispetto a luglio 2023 e un crollo delle presenze di turisti austriaci e tedeschi.

Molti osservatori hanno imputato la crisi al “caro-ombrellone”, e la voce dei consumatori conferma che trascorrere una giornata al mare può pesare come una vacanza all’estero: la tariffa media per un ombrellone con due lettini varia tra 32 e 35 euro al giorno, ma può salire a 45 euro a Sabaudia, a 90 euro a Gallipoli e fino a 120 euro in alcune zone della Sardegna. Il costo complessivo di una giornata, tra parcheggio, pranzi e consumazioni, può superare 150 euro, e in alcuni casi arrivare a 300 euro. Questo aumento dei prezzi si somma a un potere d’acquisto eroso dall’inflazione.

Ombrelloni vuoti? Ma anche le spiagge libere sono deserte!

Se è vero che molte famiglie preferiscono portarsi il pranzo da casa e cercare tratti di spiaggia gratuita per risparmiare, è altrettanto vero che i litorali liberi non sono così affollati come si potrebbe pensare.

A luglio, la stampa locale toscana ha raccontato di parcheggi semivuoti nel parco di Rimigliano – 6 chilometri di spiaggia libera tra San Vincenzo e Piombino – dove di solito non si trova posto neppure al mattino “non si vede la processione dei bagnanti con ombrellone e sdraio”. Nello stesso reportage, un passaggio nel golfo di Baratti mostra un quadro analogo: il parcheggio costa 2,40 euro l’ora, un panino al chiosco costa 7-10 euro e la spiaggia – pur con pochi stabilimenti – è quasi vuota. Anche sulla costa maremmana gli operatori lamentano che “le spiagge libere risultano vuote, quindi c’è in generale meno gente in zona”. Il caro prezzi, pertanto, non può essere l’unica motivazione di questa “tempesta perfetta”.

Oltre il prezzo: le altre cause del declino

1. Mettere d’accordo clima, ferie… e la paura di buttar via i soldi
Il 2025 ha visto un meteo instabile. Alla fine di luglio, perfino la spiaggia pubblica di Barcola a Trieste appariva deserta: lettini vuoti e ombrelloni chiusi mentre l’Arpa regionale ricordava che l’anomalia era l’estate torrida dell’anno prima, non il ritorno alla variabilità. I balneari toscani confermano che il fattore meteo pesa più del “caro-ombrellone”: se il cielo è nuvoloso o ventoso, al mare non si va. Le allerte meteo e il timore del maltempo hanno spinto molti a cancellare le prenotazioni, generando una stagione incerta e spezzettata. Inoltre molti dimenticano che la scorsa estate, quasi tutto il Mar Adriatico è stato invaso dalla mucillagine, con milioni di turisti che si sono ritrovati un mare praticamente non balneabile.

2. L’evoluzione dei gusti e delle esperienze
Un altro aspetto sottolineato da sociologi e imprenditori è l’evoluzione delle preferenze turistiche. La vacanza tradizionale, fatta di giornate stanziali sotto l’ombrellone, appare meno attrattiva soprattutto per i più giovani. Molti scelgono la montagna o le città d’arte per fare trekking, sport o visitare musei; la stagione turistica in Dolomiti va benissimo grazie a turisti italiani e stranieri che cercano una vacanza “dinamica”. La stessa Federazione balneare ammette che il modello di vacanza “stanziale” deve essere aggiornato. Nel frattempo, l’attenzione alla sostenibilità porta alcuni viaggiatori a evitare località sovraffollate e servizi eccessivamente impattanti.

3. Modelli di gestione e digitalizzazione
Molti stabilimenti balneari scontano un ritardo nell’innovazione. Un bagnino della Riviera Romagnola riconosce che i prezzi sono rimasti relativamente contenuti (20-30 euro per ombrellone e due lettini), ma lamenta un mercato frammentato, fatto di brevi soggiorni, in cui i clienti chiedono più servizi (dallo yoga alla SUP). Al contrario, altrove i prezzi sono schizzati senza offrire corrispondenti innovazioni, e molte strutture non hanno sviluppato strumenti digitali per intercettare prenotazioni last minute o un pubblico internazionale.

4. Il nodo delle concessioni e dei servizi pubblici
L’assenza di un’adeguata disciplina sulle concessioni balneari limita la concorrenza e incide sulla qualità. L’Italia ha percentuali record di spiagge privatizzate, ma la manutenzione dei tratti liberi ricade sui comuni, spesso con pochi fondi. Mancano bagni, docce, pulizia e sorveglianza: per questo molte persone preferiscono un lido attrezzato oppure rinunciano del tutto al mare. Alcune persone intervistate da emittenti locali propongono di liberalizzare le concessioni, aumentare le spiagge libere e migliorare i servizi di base. In altri Paesi europei il mare è un bene comune, con spiagge libere pulite e un numero limitato di stabilimenti, mentre da noi il libero accesso è sempre più ristretto.

Una crisi che invita a ripensare il modello balneare

L’estate 2025 mostra che il problema non si risolve semplicemente abbassando il prezzo degli ombrelloni. Serve un approccio più ampio che tenga conto di clima, economia, gusti e governance:

  • Moderare i prezzi e diversificare l’offerta: offrire tariffe accessibili nei giorni feriali, formule flessibili (mezze giornate, abbonamenti a ore) e pacchetti che includano servizi aggiuntivi. Gli operatori che hanno contenuto i prezzi a 20-30 euro in Riviera Romagnola stanno soffrendo meno.
  • Valorizzare le spiagge libere: aumentare l’estensione dei tratti aperti al pubblico, dotarli di servizi igienici, vigilanza e accessi per disabili, finanziando la manutenzione attraverso fondi dedicati. L’esempio del parco di Rimigliano evidenzia che aree naturali ben curate possono attrarre visitatori se non sono abbandonate.
  • Investire in digitalizzazione e sostenibilità: rendere gli stabilimenti prenotabili online, introdurre servizi innovativi (sport, benessere, cultura) e ridurre l’impatto ambientale con misure come il controllo dei consumi idrici ed energetici.
  • Rivedere il sistema delle concessioni: garantire concorrenza, trasparenza e rotazione, in linea con le direttive europee, per evitare monopoli e consentire a nuovi operatori di introdurre modelli moderni.
  • Promuovere un turismo “diffuso”: integrare mare, borghi, aree interne e montagna in un’offerta complementare, capace di distribuire i flussi e rispondere al desiderio di esperienze diverse. Del resto, come dice un amico su Facebook “Ma secondo voi esiste ancora qualcuno che decide di passare le vacanze 10 o 15 giorni seduto su una sdraio di fronte al mare?”.

Le immagini degli ombrelloni vuoti sono un segnale, ma anche un’opportunità: quella di trasformare il mare italiano in un luogo accessibile, sostenibile e attraente per tutte le generazioni. Solo con una visione di lungo periodo che superi lo schema dei rincari e guardi al benessere collettivo si potrà evitare che le spiagge, libere o attrezzate, restino deserte.

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