E’ considerato uno dei cuochi italiani dal futuro più luminoso. Mi ha convinto fin da subito, eravamo a Piacenza, a margine della premiazione Michelin 2019. Di questo ragazzo mi colpì il viso sincero, l’espressione da vecchio lavoratore, quel sorriso pacato che hanno i buoni e gli onesti. Si tratta certamente di un ‘’onesto’’, ne ho avuto conferma durante questa intervista. Onesto con gli altri ma soprattutto con se stesso. Il suo percorso professionale lo ha visto sostare in alcuni dei ristoranti più celebri al mondo senza risparmiarsi mai, senza staccare lo sguardo dalla scia dell’eccellenza, della qualità, della volontà incessante di automigliorarsi. Scia che l’ha condotto sino al “Grand Hotel Royal e Golf” di Courmayeur, molto più di un Hotel, una struttura che rappresenta la storia di una terra bellissima, la Val d’Aosta, una terra magica, i cui panorami sembrano parlare direttamente ai fortunati osservatori.
Ciao chef, e benvenuto su Oraviaggiando. Come ti definiresti utilizzando meno parole possibili?
Ciao a tutti voi. Sono un curioso incallito.
Le tue origini in cucina: il primo ricordo in assoluto.
Ero con mamma o nonna. Ricordo poco… solo che piovevano gnocchi!
Quanto è stato importante per te, e per quella che poi è diventata la tua storia gastronomica, diventare il ‘’piccolo assistente di cucina’’ di mamma e nonna?
Il loro ricordo è tutto nella passione e nell’amore che riversavano in quello che facevano, nei gesti piccoli, densi di un amore infinito. Invece nel sapore e nelle tecniche ovviamente mi sono evoluto.
Che ricordo hai dell’istituto alberghiero? Considerando le problematiche della scuola, in che modo dovrebbe rinnovarsi la didattica all’interno delle classi?
Ho un ricordo bellissimo del periodo passato a scuola. Era l’indirizzo che avevo scelto, sapevo che mi avrebbe portato al mestiere che ho sempre voluto fare. Sento di avere un debito verso i miei straordinari docenti, persone come il prof. Alessandro Ricci, che riescono a tirar fuori il meglio dai loro studenti. Secondo me bisognerebbe dedicare più tempo alle materie professionalizzanti e investire in attrezzatura e prodotti, per permettere ai ragazzi di confrontarsi con gli ingredienti migliori.
Considerata la tua giovane età, hai qualche suggerimento da dare ad un ragazzino appena uscito dall’alberghiero che guarda con occhi sognanti a premi, stelle e riconoscimenti?
I premi e i riconoscimenti arriveranno con il tempo, solo dopo aver dedicato ogni attimo a questo lavoro. Provate, rischiate, all’inizio è normale sbagliare, anzi quello è il momento migliore per tastare il confine dei propri limiti. Una volta tastati, sarà possibile superarli. Un’altra indicazione che non mi stancherò mai di ripetere è quella di viaggiare armati di curiosità, passione, e predisposizione alla meraviglia, anche nelle cose più piccole.
Mi dici il titolo di qualche libro o film che ti sono piaciuti un sacco?
Film (di cucina): Vatel
Film (in genere): Il diavolo veste Prada
Libri (di cucina) El Bulli o Eleven Madison Park o Il perfezionista
Libri (oltre la cucina): Il ritratto di Dorian Gray, Harry Potter o Eragon
Giochino: potresti ora, utilizzando pochi ingredienti, inventare un piatto dedicato ai film che hai scelto?
Dedicato a Vatel… un sorbetto di mandarino, e una torta di rabarbaro per Il diavolo veste Prada.
La tua ristorazione è più memoria o sperimentazione?
Sperimentazione nella tecnica, memoria per il gusto.
Parlaci del Grand Hotel Royal e Golf di Courmayeur.
Il Grand Hotel Royal e golf è un hotel tra quelli più ricchi di storia della Valle d’Aosta. In pieno centro di Courmayeur, con un grandissimo giardino esterno. Tre ristoranti tra cui scegliere (Grand Royal ristorante d’hotel, il bistrot cucina classica valdostana, e il Petit Royal ristorante gastronomico stellato), 86 camere, una spa con centro massaggi, una torre medievale dedicata agli eventi esterni, una champagnerie, e la Royal Driving Experience per tutti gli appassionati di 4 ruote. In estate siamo circondati dal verde della montagna, in inverno, invece, un mantello bianco ricopre tutto rendendo i suoni ovattati e cospargendo magia ovunque. Per me è una grande opportunità lavorare qui. Devo ringraziare la proprietà che ha sempre creduto in me.
Ci fai la cronaca del momento in cui hai saputo di aver ottenuto la Stella Michelin?
La chiamata è arrivata di pomeriggio. Ero appena uscito da un ristorante a Copenaghen in cui avevo mangiato degli smorrebrod (sorride perché la sera precedente era stato al Noma). Il direttore (della guida) al telefono era molto gentile, parlava del mio ristorante in modo fin troppo tranquillo, anche quando mi ha dato la notizia.
Fui sommerso dalla gioia! Tutti gli sforzi fatti investiti nel mantenere ostinatamente la direzione della qualità e dell’eccellenza erano stati notati!
Subito dopo, però, sono iniziati i veri problemi. Giusto?
Certo, i problemi nascono nei giorni successivi alla notizia. Non puoi gridare la tua felicità al mondo intero, e fingere davanti al tuo staff non è mai facile. Il momento liberatorio più bello è avvenuto il mattino seguente, quando ci hanno convocati in un posto fuori Piacenza.
Lì ho incontrato chef Gorini. Ci siamo abbracciati e fatti i complimenti a vicenda, incontrare altre persone che non vedevano l’ora di condividere la loro gioia con qualcuno, è stato davvero emozionante.
Cosa ha rappresentato per te questo riconoscimento?
E’ stato la conferma del lavoro che stiamo facendo, dell’impegno che mettiamo giorno dopo giorno per migliorarci. Ripensi a tutto il percorso fatto, agli ostacoli superati e ai traguardi personali raggiunti. Allo stesso tempo capisci che c’è ancora tanta strada da fare.
Che contraccolpi ha subito il tuo team di lavoro?
Da quel momento la brigata si è allargata perché le prenotazioni sono balzate alle stelle, così come è andata aumentando la sintonia degli uni con gli altri: la cucina e la sala, due anime dello stesso cuore. La sala ci supporta tutti i giorni e ci aiuta a mettere in risalto ogni singolo gesto, ogni singolo ingrediente. Il tutto per la gioia dei nostri clienti.
Avete riaperto/state riaprendo? Ci sono delle novità che avete apportato nel menu?
Abbiamo riaperto il 26 giugno, c’è stata molta attesa, le prenotazioni da quando abbiamo comunicato la data, sono iniziate ad arrivare copiose. Abbiamo (come sempre) effettuato il cambio menù. Seguiamo la stagionalità della nostra meravigliosa valle d’Aosta in maniera partigiana. L’approccio resta lo stesso, pensiamo che comunque la gente voglia tornare alla normalità. Noi ci faremo trovare sorridenti, complici e preparati come sempre.
Una considerazione generale sul mondo della ristorazione in questo preciso momento storico. Come ripartire?
Non sarà facile soprattutto per le nuove aperture e per quei ristoranti che hanno affrontato investimenti strutturali importanti. Noi siamo stati fortunati dato che il caos da COVID è iniziato sul finire della stagione. Bisognerà ripartire più consapevoli di quello che si sta facendo. Non si può lasciare più niente al caso, ogni singolo investimento, che sia di personale, architettonico o di materie prime. Le realtà che sapranno offrire trasparenza e serietà andranno avanti.
La vita e i sogni sono figli dello stesso libro, sosteneva Schopenhauer. Quali sogni custodisci e quali capitoli stai scrivendo sul libro della tua vita?
Punto al massimo, voglio migliorarmi sempre. I progetti sono tanti: dal raggiungere una stabilità lavorativa maggiore all’avere, un giorno, una famiglia… con del tempo per godermela. Sarebbe bellissimo viaggiare con loro, magari continuando a provare tutti i ristoranti del mondo!
Se il piccolo Paolo dovesse incontrare chef Griffa cosa gli chiederebbe? E tu che gli risponderesti?
Mi chiederebbe dove mi hanno portato le scelte prese, e quali si sono poi rivelate giuste. Gli risponderei, forse sgridandolo un po’, che dobbiamo sforzarci di soppesare ogni scelta e di dare seguito alle stesse con impegno e serietà… ma anche che non esistono scelte giuste o sbagliate, dobbiamo solo limitarci ad essere coerenti con noi stessi, in primis, quindi con gli altri.
La giovane età, già di per sé, è un casino di dubbi e domande: dal lavoro che si vuol fare, alla vita che si vuole ottenere, ai sogni da inseguire e accantonare. Avere questa montagna di roba a penzolare sulla testa, a 14 anni, è drammatico. Alle classiche domande adolescenziali, poi, aggiungiamoci quelle tipiche del nostro settore: è meglio fare uno stage o lavorare da “assunto”? E’ meglio restare in Italia o optare per l’estero? Di domande, la nostra benedetta professione maledetta, ne è piena. Non ci sono risposte giuste o sbagliate, ogni storia è a sé, bisogna sapere che si commetteranno degli errori, errori che dovremo correggere, che dovremo imparare a prevedere nel tempo, per starne alla larga. Quella probabilmente si chiama saggezza, e la si acquista sul campo.