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Locanda Severino di Caggiano

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  • Ristoranti tipici regionali
  • Specialità: n.d.
Ristorante non verificato

Locanda Severino di Caggiano: ecco cosa scrivono i nostri segnalatori

Il paese è piccolo ma facilmente raggiungibile dall’autostrada. Una sosta piacevole per chi si trova in viaggio, ma un luogo che vale e che può essere scelto come meta di un weekend per andare alla scoperta di un territorio che ha molto da mostrare, da raccontare, da far gustare. Siamo nel Vallo di Diano, vicino alle grotte di Pertosa e alla Certosa di Padula e comunque non lontani dal Cilento, da Paestum e dal mare. Caggiano è in collina e si raggiunge con strada facile e con pochi tornanti; ha un centro storico minuscolo ed il Palazzo Cafaro,quello dove è la Locanda Severino, chiude come una quinta una piazzetta che sembra costruita per essere la scena di una qualche rappresentazione teatrale: non ci sono palazzi monumentali, ma tutto è deliziosamente tipico e con le dimensioni, appunto, da palcoscenico. La Locanda Severino è casa di confine, posta sulla linea che separa due regioni: l’ingresso principale è in Campania e,quando si esce in giardino dalla parte opposta, si è in Basilicata. Il palazzo porta il nome della famiglia arche nella seconda metà dell'Ottocento lo acquistò, in seguito fu ereditato da Nicola Severino e da Giuseppe, f ratelli ed entrambi falegnami; poi il fratello maggiore vendette la sua parte e ci sono voluti molti anni e due generazioni per ricomporre la proprietà: c’è riuscita la nipote, Milena Cafaro insieme al marito Franco Pucciarelli. Lei, chimica analista ed appassionata di cucina, ha raccolto in un libro le ricette delle specialità di Caggiano, Franco invece, oltre ad essere medicodentista, è anche un esper to sommelier che cura le proprie terre e che con il suo olio “Il Caggianese” ha vinto nel 2010 l’OliVia di Casa Vissani, un concorso riservato agli oli di alta qualità. Quindi la decisione di creare un indirizzo di buon cibo e di buona accoglienza è stata quasi una logica conseguenza, come dare concretezza ad un comune interesse. Dal restauro del palazzetto si sono ottenute 9 stanze, grandi, arredate come quelle di una casa di buona borghesia e tradizione, con mobili d’epoca di fattura archetigiana, in uno stile che si colloca tra la fine ottocento ed i primi novecento; i mobili sono quelli di famiglia o, cercati, ritrovati, restaurati, sono arredi che erano stati realizzati da un bravo ebanista locale, ricchi di dettagli, di intarsi, di ornamenti. L’arredamento è completato da tende e copriletti lavorati a mano, con merletti, filet e ricami che indicano cura e ricerca degli oggetti. Le camere affacciano su panorami antichi, scorci di paese, stradine evicoli, tetti e campanili, la campagna che si apre nella val lata, la cerchia delle montagne: un minuscolo pianeta, quasi fuor i dal tempo. Il ristorante dispone di una
sala al piano terra ed un’altra a livello del giardino, i tavoli sono ben distanziati e l’accoglienza è delle più accattivanti: ci sono quella gentilezza e quel calore di comportamento che sono doni
innati e che il Sud sa distribuire a piene mani. Non c’è scuola che li possa insegnare, sono spontanei, avvolgenti, quasi inconsapevoli del loro alto valore, e scaldano il cuore facendoti sentire a casa. Due proprietari dunque ed uno chef, ma non sembra esserci gerarchia di rapporti, sembra piuttosto un piccolo nucleo di amanti della qualità del buon cibo e
dei prodotti delterritorio, un piccolo manipolo di coraggiosi che difende con tenace consapevolezza il patrimonio di una cultura gastronomica di grandi prodotti e di grandi ricette, materie prime caratterizzate dal genitivo di origine: il carciofo di Pertosa, le nocciole di Giffoni, il vitello degli Alburni, e così via: per ogni prodotto la sua patria, talvolta grande come un fazzoletto ma non per
questo meno emerita, produzioni piccole dove la colcoltura intensiva è sconosciuta. Vitantonio Lombardo è di origini lucane, all’età di 16 anni ha lasciato la sua regione ed è andato in giro per
l’Italia; è stato (e solo per citarne alcuni) da Paolo Teverini, da Fabio Barbaglini, da Vissani... Imparava e intanto si portava dentro la decisione di tornare un giorno a casa, di crescere, di farsi un
bagaglio di sapienza tecnica da mettere poi al servizio della sua terra di origine. A 29 anni è tornato a Caggiano,è tornato nel momento in cui la Locanda cercava il suo chef ed è stato un felice incontro. A premiare il suo lavoro e l’impegno dei proprietari sono cominciati ad arriviare molti riconoscimenti, poi nel 2012 la stella Michelin. Adesso la Locanda riapre dopo la pausa invernale con Vitantonio Lombardo in veste di chef ed anche di patron. Franco e Milena gli restano affettuosamente ed idealmente vicini, ma è lo chef a gestire direttamente la lo. Riapre già con alcune personalizzazioni nella sala e con l’allestimento al primo piano di una saletta per sigari, distillati e cioccolato, dove gli ospiti possono aspettare il dessert. Rimangono uguali il suo impegno
e il suo ‘pensiero di cucina’: interpretazione leggera e moderna per piatti antichi e di tradizione, come il superbo pasticcio Caggianese ,una sorta di ‘tortano’ con formaggi, salumi
e pasta f rolla che in passato si usava preparare in occasione dei matrimoni, o la minestra di scarola con le colpettine di carne e mollica di pane casereccio, o il filifanti, l’elegante babà salato. I vini, conservati nella cantina con i muri di sasso, hanno soprattutto etichette del Cilento e della Basilicata, oltre al Caggianese della casa. Ora si aggiungono anche alcune etichette
di altre regioni italiane.
 


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