Ristorante Corona di Castel d'Ario: ecco cosa scrivono i nostri segnalatori
Il bisnonno Alceste e il fratello Giovanni inaugurarono l’ ”Antico albergo della Corona” in piazza Garibaldi a Castel d’Ario ai primi del ‘900, cominciando la saga dei Curti di cui ora Elisabetta detiene il testimone, avendo recentemente ristrutturato il ristorante Corona. Siamo sempre in piazza Garibaldi e di fatto il locale si è spostato pochissimo rispetto all’antesignano albergo, perché collocato sin dal 1974, anno della sua inaugurazione, nelle cantine e scuderie di quel medesimo palazzo dov’era la locanda: il primo palazzo eretto nel paese natio del grande Tazio
Nuvolari. Elisabetta, ormai la quarta generazione Curti, ama definirsi una “donna che cucina” come la sua mamma dalla quale ha appreso tutti i segreti dell’arte culinaria, che tra questi tavoli racconta la più alta espressione della tradizione gastronomica mantovana. Andare al Corona senza assaggiare la serie di risotti nelle varie declinazioni o le paste rigorosamente fatte in casa, equivale ad andare a Roma e non visitare il Colosseo o a Parigi e farsi sfuggire una vista della torre Eiffel. Insomma, non si può. Il Mon Trésor del Corona è sicuramente il risotto alla
pilota “col puntél”, anche se non da meno sono il risotto con psina e saltarello oppure il risotto col pesce gatto, quello con le rane fritte e anche quello con Gobbo Tinca. Come già accennato la
pasta è rigorosamente fatta in casa e tra agnoli, gnocchetti, tagliatelle e passatelli spiccano i tortelloni del “Buon Ricordo” con ripieno di pesce d’acqua dolce e serviti con sugo di pesce gatto. A esaltare maggiormente una tale abbondanza di primi, una lista di secondi comuni con tagli internazionali di carne che vanno dalla tagliata al filetto. Meglio quindi rimanere sul pesce: rane fritte, pesce gatto fritto o una porzione di psina e saltarello con polenta. L’impennata si torna ad avere sui dolci, anche questi solo fatti in casa, tra cui citiamo la sbrisolona, la pignolata e il tortino di mele con lo zabaione. La carta dei vini tiene conto della tradizione offrendo nove tipi di Lambrusco, spaziando poi nel vicino veronese con bianchi e rossi di pregio e alcune bollicine dalla territorialità ampia. Se in cucina i tempi sono dettati da Elisabetta in collaborazione con il suo aiuto chef Paolo Veneziani, la sala è il regno incontrastato di Valentina ed Elia che gestiscono fino a centocinquanta posti a sedere suddivisi in due ambienti: la sala principale e la saletta da cinquanta posti. Sei camere con servizio di bed & breakfast completano l’offerta. Il talento del grande Tazio Nuvolari sarà stato sicuramente innato, ma ci piace pensare che un buon piatto di risotto alla pilota “col puntél” l’abbia svezzato fino a farlo diventare il grande campione che era.
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