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Dalla Gioconda di Gabicce Monte

(5.00)
  • Migliori Ristoranti
  • Specialità: n.d.
Ristorante verificato

Recensione Dalla Gioconda di Gabicce Monte a cura del nostro giornalista

Il ristorante Dalla Gioconda di Gabicce Monte trasmette un'energia che viene dal passato, non solo per i molteplici riferimenti al periodo della Dolce Vita e al grande fermento culturale di quell'epoca. La forza attrattiva di questo luogo sembra arrivare da qualcosa di molto più complesso. Certo, si rimane conquistati dal Parco Naturale, dal panorama, dal mare; ma dietro a tutto questo c'è qualcosa di ancora più profondo e atavico. C'è armonia tra il luogo - inteso come contenitore storico e culturale di un periodo mai dimenticato - e il luogo inteso come progetto ricettivo curato con maniacalità. Far visita al ristorante Dalla Gioconda è un'esperienza che consigliamo di fare a tutti i nostri lettori perché non solo è un viaggio gastronomico tra gesti contadini e sovrapposizioni di passato, presente e futuro, ma anche una colonna sonora che lega i momenti più spensierati degli anni '60. Un magico punto di “ideale congiunzione” tra via dell'Orizzonte e via Veneto, le due strade che hanno fatto la storia della musica, dell'arte e della moda e che hanno regalato quella spensieratezza oggi perduta... uno “stare bene” un ritorno a quegli anni in cui era “permesso divertirsi”. Credeteci, chi viene qui, sente presto la necessità di tornare.

Aggiornamento: il ristorante Dalla Gioconda ha conquistato la stella Michelin nell'edizione della guida 2023.

Storia del ristorante Dalla Gioconda di Gabicce Monte

Il ristorante Dalla Gioconda negli anni 50 era una dancing pizzeria gestita dalla signora Gioconda. Qui si sentivano forti gli echi della Romagna, ma anche della Dolce Vita della Capitale. Erano i tempi dell'Eden Rock, che ospitava i cantanti più illustri del panorama italiano, ed erano i tempi della Baia degli Angeli, che negli anni ‘70 rivoluzionò la Disco-Music e il concetto di divertimento, rendendo Gabicce famosa anche all’estero. L'eredità emotiva del ristorante Dalla Gioconda e l'opportunità di farla ritornare agli albori di un tempo, non poteva sfuggire a Stefano Bizzarri, a suo padre Marco (Presidente e Ceo di Gucci) e allo chef Davide Di Fabio.

«Le cose accadono quando devono accadere. Quando Stefano Bizzarri mi parlò del progetto Dalla Gioconda e della volontà di ripartire dagli anni 50/60 – pensai che questo sarebbe stato il posto giusto per un nuovo inizio. Sono appassionato di cucina, ma anche di musica e di architettura. Se ci pensi la musica in Riviera è nata qui: Via dell'orizzonte era chiamata la Via Veneto della Riviera, c'era l'Eden Rock dove venivano tutti i grandi artisti. Era il periodo del dopo guerra, era la musica dell'amore. La mia cucina si è sempre ispirata a questi momenti.» [Davide Di Fabio, chef del ristorante Dalla Gioconda di Gabicce].

Chi è Stefano Bizzarri, patron del ristorante Dalla Gioconda

Stefano Bizzarri, classe '93, laureato in economia e commercio a Milano, fino a qualche anno fa non pensava certo che il suo futuro sarebbe stato quello di gestire un ristorante. «Ho sempre avuto il pallino dei viaggi e del windsurf» mi racconta. «Per poter viaggiare e surfare, iniziai a lavorare in vari ristoranti in giro per il mondo. Non mi sono mai voluto adagiare alle comodità che la mia famiglia poteva offrirmi, così ho deciso di fare esperienza all'estero. Il mio primissimo viaggio fu in Argentina dove feci uno stage di un mese in un'azienda che commercializzava semi. Parlavo bene lo spagnolo perché avevo fatto l'Erasmus a Barcellona. Dopo un mese ebbi l'occasione di partire per il Brasile. Volevo fare l'istruttore di windsurf ma non essendoci tanto lavoro, iniziai a fare il cameriere in un hotel 5 stelle per mantenermi. Avevo per fortuna già fatto esperienza a Rubiera in una trattoria in cui gestivamo circa 500 coperti al giorno. E' così che è iniziata la mia passione per la ristorazione, ero affascinato nel vedere vari modi di fare servizio, varie scuole di pensiero, vari modi di come fare le cose per bene».

Quando acquisiscono il ristorante Dalla Gioconda, Stefano Bizzarri e la moglie Allegra Tirotti Romanoff lavorano ancora con il vecchio format: la proposta era di stampo tradizionale e la cucina era capeggiata dallo chef Alessandro Fabrucci (oggi ancora nella brigata in qualità di sous chef). Appena prima che scoppiasse la pandemia, ecco che si incastrano una serie di coincidenze: Massimo Bottura chiama Marco Bizzarri (ex compagno di banco dello chef) mettendolo a conoscenza che il suo Sous Chef Davide Di Fabio aveva espresso il desiderio di avvicinarsi a Pesaro, città di origine della sua compagna. Stefano e Davide parlano dei loro rispettivi progetti e tutto inizia a trovare l'incastro tipico del buon destino.

Ambiente e atmosfera del ristorante Dalla Gioconda di Gabicce

Panorama emozionante e un look che potrebbe fare corrente a sé stante. Perché se è vero che le citazioni stilistiche sono tante e si rifanno in diverse occasioni agli anni '50 e '60, buona parte dell'architettura qui ha forme originali, con interni ed esterni in armonia rispetto al territorio circostante e che raggiunge un livello di ricercatezza ed eleganza che non cede volutamente all'ostentazione, ma che si prende comunque il plauso di chi ha un occhio attento ai particolari. I divisori/librerie in tutti gli ambienti dell'edificio sono un chiaro invito a sentirsi a casa: nei ripiani, i testi di cucina, libri di moda, antologie musicali, collezioni fotografiche di surfisti, collane sulle grandi città fino a volumi che parlano di piante officinali. Un allestimento emotivo, una tessera alla volta, che insieme, compongono un quadro armonioso. E poi c'è la sala da pranzo – in cui prevalgono i toni ocra, azzurro e ottone - che fa da “palco reale” dal quale godere lo spettacolo quotidiano del tramonto, sempre pronto a regalare ogni giorno colori diversi.

Chiedete di farvi mostrare la straordinaria cantina

Fate visita alla cantina, fidatevi. Quella che dall'esterno sembra solo una piccola stanza protetta da un vetro blindato con apertura con codice segreto, non è altro che l'anticamera di una serie di “spazi occulti” le cui porte d'ingresso sono celate proprio dagli armadi che raccolgono le preziose etichette. Una prima cantina, quindi, poi una seconda e infine, un tunnel che porta ad una camera più ampia, le cui mura finali non sono altro che le rocce del colle che ospita il parco naturale. Ineffabile bellezza.

Il progetto sostenibile di Stefano e Allegra

E' difficile trovare altrove un progetto di questa portata. Si, perché la struttura che ospita il ristorante Dalla Gioconda, vanta addirittura la certificazione Leed Gold, un simbolo riconosciuto a livello mondiale che promuove un approccio orientato alla sostenibilità, e che certifica le prestazioni dei fabbricati in settori chiave, quali il risparmio energetico ed idrico, la riduzione delle emissioni di CO2, il miglioramento della qualità ecologica degli interni, i materiali e le risorse impiegati, il progetto e la scelta dell'ubicazione. Quello di Stefano e Allegra è il primo ristorante in Italia ad ottenere tale riconoscimento, e uno dei pochissimi in Europa. Pensate che questo edificio sfrutta il recupero delle acque piovane, utilizza l'energia geotermica per raffreddare le celle frigo, ricicla l'energia di scarto delle stesse celle per reimmetterle nel sistema di riscaldamento a pavimento, in inverno. E non solo: è stata data molta importanza anche alla riduzione dell'inquinamento luminoso durante la notte, attraverso una calibrazione e ad un posizionamento delle luci tali da non compromettere la dispersione delle radiazioni intrusive.

E ancora: Dalla Gioconda è anche il primo ristorante plastic free in italia. «Abbiamo eliminato le plastiche monouso a favore di quelle compostabili» - ci fa sapere Stefano - «In alternativa facciamo usare sacchi di juta o vetro. Stiamo, infatti, invitando i nostri fornitori ad adattarsi a questo principio». La ristrutturazione dell'edificio ai piedi del Parco Naturale Monte San Bartolo, infine, è stato salvaguardato da un pool di archeologhe che hanno seguito i lavori in tutte le sue fasi.

La cucina del ristorante Dalla Gioconda di Gabicce: la filosofia dello chef

La cucina è uno strumento di relazione tra sé e gli altri, ma anche uno strumento di pratica di consapevolezza, perché è la proiezione simbolica di chi sei, di cosa senti, di cosa pensi, di cosa vuoi essere e soprattutto di cosa non vuoi essere; e quello che Davide Di Fabio probabilmente non voleva essere, dopo 16 anni nelle cucine dell'Osteria Francescana, era diventare semplicemente lo stereotipo dell'eterno “sous-chef-dello-chef-famoso”. Non è semplicemente questione di orgoglio: Davide si è sempre portato dietro un bagaglio di idee, intuizioni, studi e suggestioni tali da potersi facilmente distaccare da qualsiasi convenzione. E così effettivamente è stato. Forse il vero problema, che effettivamente si era anche posto all'inizio di questa nuova esperienza, era “chi diventare”. E dato che, come scriveva Paulo Coelho nel suo L'alchimista, “Quando desideri qualcosa, tutto l'universo cospira affinché tu realizzi il tuo desiderio”, anche questa volta le cose si sono incastrate in modo perfetto. E' proprio Davide che mi racconta come sono andati i fatti: «Verso la fine di aprile, qualche mese dopo l'apertura, propongo di fare una cena a casa, c'erano Stefano, Allegra, Marco (il papà di Stefano) e Mariastella (la mamma). Dico loro “vi provo qualche piatto”. Avevo un miliardo di idee, però la cosa più difficile era costruire una nuova identità dopo tanti anni alla Francescana. La cena era di giovedì. Il sabato mattina ero al mercato a prendere delle cose. Mi chiama mia madre e mi dice “se torni giù domenica mi fa piacere”. Vado giù e prendiamo un menu di pesce da un amico che ha una gastronomia. Apro tutti i contenitori e davanti mi ritrovo l'immagine esatta di quello che cucinavo quando iniziai a fare questo lavoro: triglie all'arancia, pesce al forno con le patate, code di rana pescatrice, sugo di scoglio. Poi mi dirigo nell'orto a prendere alcune verdure. Ad un certo punto mi dico, “Davide aspetta un attimo, io devo ripartire da qui”. Io ho iniziato alla Francescana a 19 anni ed ho finito che ne avevo 36. Ho pensato: facciamo finta che tutti questi sono stati anni di università. Io riparto da qui. Sono tornato a casa il lunedì mattina, ho congelato tutto, ho completato la spesa ed ho ricominciato da zero. Inizio a cucinare e faccio provare i piatti. C'era il papà di Stefano che mi dice “ecco, questo menu sei tu”. Così sono nati pian piano i primi piatti identitari

Davide, Stefano e Allegra sapevano bene che avrebbero avuto tutti i riflettori puntati, tanto che aprono il ristorante senza fare pubblicità. Fanno tutta la stagione, l'estate, l'autunno e l'inverno finché non arrivano le ferie a marzo 2022. Si fermano e rifanno il punto di quello che era appena stato fatto. Bisognava dare una svolta definitiva al progetto. L'obiettivo, era dare ordine al caos e alla complessità delle informazioni incamerate fino a quel momento. L'aiuto arriva nuovamente dal caso o, per meglio dire, dal “Chaos”: a Cortina, durante una passeggiata per strada, Davide si imbatte in una galleria d'arte dove stavano esponendo i décollage di Mimmo Rotella, il famosissimo artista che ebbe l'intuizione, in un momento di crisi di identità, di sovrapporre manifesti per poi strapparli a strati. Decostruire per ricostruire nuovamente. Era quello l'ultimo tassello mancante!

«E' così che sono nati i “Paccheri con sugo di susine”. E' stato come prendere una tela, ci ho messo sopra il gesto di cuocere la pasta, l'idea di una passata di pomodoro, lo strato di parmigiano con il suo gesto antico di spolverarlo sul piatto, il cogliere una foglia di basilico dal vaso e poggiarlo sul piatto e infine ci ho messo i miei anni in Emilia e le mie radici abruzzesi. E quando ho completato la tela con il piatto finito, ho iniziato a “strappare”: decostruzione e ricostruzione di un simbolo dell'Italia, però adattata al tempo che si evolve. Così la pasta al pomodoro può rimanere visivamente uguale a quello della tradizione, ma avere una costruzione differente. In questo modo sono nati tanti altri piatti come le Codine di rana pescatrice gratinate alle erbe con lumache alla bourguignonne di alghe e misticanza. Una ricetta che ha strati di passato, presente, futuro, tradizioni dell'entroterra e tradizioni dei luoghi di mare, gesti che rappresentano un po' tutta l'Italia. I dialetti, le tradizioni, i ricordi... l'Italia è questa. Quello che mi piace fare è ricostruire qualcosa di nuovo partendo dal passato. Senza la memoria storica non si possono gettare le basi del domani. »

L'infanzia e la carriera dello chef Davide Di Fabio

Davide Di Fabio è nato a Rho da madre milanese e papà abruzzese. Si trasferisce in Abruzzo nel 91 e lì rimane fino all'età di 19 anni. Diplomato alla Scuola Alberghiera di San Benedetto del Tronto, Davide inizia a lavorare già durante gli studi, facendo le stagioni estive a Giulianova, sul mare. Già a 14 anni iniziava a leggere riviste di settore, a fare concorsi di cucina, corsi pomeridiani di pasticceria e il sabato mattino era di rito andare a fare la spesa con la mamma. Gli piaceva girare per mercati e al sabato pomeriggio si metteva a fare le prove ai fornelli. Oltre alla cucina, si appassiona anche all'architettura, al design e alla musica.

«Leggevo tantissime riviste. Allora andavano forte Vissani, Pierangelini, Heinzbeck. Prendevo spunto dalle loro ricette ma poi le rielaboravo. Facevo la stagione estiva e quello che guadagnavo lo spendevo in attrezzi di cucina. Avevo perfino una collezione incredibile di piatti. Sapevo sin da piccolo cosa volevo fare. Allo stesso tempo mi piaceva la vita mondana. Mi piaceva mettere i dischi, fare le stagioni, le notti. Mi piaceva la vita notturna. Ad un certo punto mi domandai se volevo davvero passare la mia vita a friggere del pesce e fare gli spaghetti alle vongole. Le strade che potevo percorrere erano due, o fare l'architetto o dare una svolta alla mia carriera di cuoco. Finita la scuola e finita la stagione, decido di mandare un curriculum a tutti i ristoranti stellati. Il primo a contattarmi fu proprio Massimo Bottura. Iniziai alla Francescana nell'aprile del 2005. Pensai “sto lì un anno o due anni e poi vado altrove” e invece sono rimasto per 16 anni. La grandezza di Massimo è quello di tirar fuori il potenziale da ogni persona. Quando arrivai a Modena, rimasi folgorato dalla grande ricerca che si faceva alla Francescana. Massimo era contento perché ci piaceva rimanere in cucina anche dopo il servizio. Ci impegnavamo molto. Io e Taka, insieme a Massimo e Yoji Tokuyoshi, fummo gli artefici della rottura di un'epoca.»

La nostra degustazione presso il ristorante Dalla Gioconda

Il tavolo è quello conviviale in marmo che si scorge non appena arrivati alla prima delle 3 terrazze del ristorante (quella più in alto è adibita, d'estate al loro cocktail bar, La Limonaia). Pochi minuti dopo aver scelto il menu, ci viene portato il benvenuto della casa: un tarallo allungato, con acqua di cipolla e pepe nero, poi un omaggio alla Romagna: La Saraghina fac-simile: saraghine marinate, squacquerone montato, caviale, cedro candito ed erba cipollina su una sorta di blinis fatto con l'impasto della piadina. In un altro piatto ci viene servita una mini Piadina fritta con crema di stracchino di pecora Cau & Spada, crema di cipolle arrosto e tartufo nero; e ancora un Borlengo, preparazione tipica dell'entroterra emiliano, in versione marinara con alghe, crema di lardo e limone verde. Il primo vero antipasto che ci viene servito è la Tartare di vitellone marchigiano e gambero rosa, brodo di tartufo e agrumi (bergamotto e yuzu) decostruzione e ricostruzione volta a ricreare la marezzatura e la dolcezza del wagyu, utilizzando esclusivamente carne marchigiana. Di fianco un crostino di pan brioche con sopra la stessa tartare con tartufo nero. Il piatto successivo che ci viene servito è La Palamita tonnè, il tonnetto locale dalla carne rosa che assomiglia alla carne di vitello. Una reinterpretazione del vitello tonnato con il tonnetto che viene appena scottato esternamente con olio al rosmarino, poi servito su una salsa tonnata preparata senza uova (sfruttando un fondo di palamita, che con il suo collagene viene emulsionato con olio di oliva, senape, acciughe, capperi e succo di limone), sedano candito, gel di limone con nota leggera di liquirizia e dragoncello. Arriva il primo “primo”: la Zuppiera. 7 tipi di pasta che vengono cotti nel brodetto di pesce e serviti in una zuppiera, con alla base 7 tipi di pesce crudo che cambiano in base al mercato e 7 salse che sono gli ingredienti che compongono il brodetto. L'idea è nata partendo da un piatto di recupero del teramano in cui si usavano le rimanenze delle paste conservate nelle madie, che venivano cucinate con le primizie di stagione. L'idea dello chef è stato quello di unire due piatti simbolo, uno tipico dell'entroterra, e l'altro piatto di recupero di mare, il brodetto, quest'ultimo nato sulle barche dei pescatori, veniva preparato per la ciurma con il pesce invenduto e usato anche come “merce” di scambio tra pescatori e contadini. Nella ricetta dello chef Di Fabio, la pasta viene cotta tutta insieme (nonostante i tempi di cottura leggermente differenti) proprio per offrire consistenze differenti e lasciare il ricordo del piatto di recupero che aveva proprio quella caratteristica. L'altro primo degustato è stato il Pacchero al sugo, nato per ricreare visivamente un piatto tipico della cucina italiana, preparato con le susine che sostituiscono il pomodoro. Segue un secondo: le Codine di rana pescatrice, gioco tra l'entroterra e il mare. Una reinterpretazione di un piatto di terra nel quale vengono utilizzate rane pescatrice locali, panate alle erbe e poi cotte sulla brace, servite con salsa di spinaci e un'altra salsa bourguignonne al prezzemolo arricchita con alga nori e lumache di terra sempre cotte nella bourguignonne. Di fianco della tapioca cotta in acqua di alghe che ricorda le uova delle lumache, con misticanza e aceto di scalogno e sotto una maionese di funghi crudi. Per finire la Neola alla suzette, la neola è un dolce tipico della cucina abruzzese che prende il nome dal strumento utilizzato per cuocerle, che in questo caso viene preparato con l'impasto della crêpes, chiuso a triangolo e farcito con crema pasticcera alla vaniglia, zeste d'arancia e salsa di arancia amara un po' salata. Al tavolo viene completata con la salsa suzette, zucchero caramellato, burro, Gran Marnier e succo d'arancia fondo di anatra. Il pasto finisce con tre pezzi di piccola pasticceria: Bon bon gelato caramello salato ricoperto di cioccolata al latte e wafer di cono gelato, un Cremino al pistacchio e una Gelatina di arancia amara e genziana.

I fornitori del ristorante Dalla Gioconda

Attualmente sono circa 40 le aziende che forniscono il ristorante Dalla Gioconda: la carne “razza marchigiana” proviene dalla zona del Montefeltro/Carpegna; gli animali da cortile sono forniti dall'azienda Pelloni di Ravenna e dall'azienda Zivieri di Bologna; l'olio è quello di Bellante e di Pianella, la pasta è fornita dai pastifici Verrigni, Felicetti e Uno.61; il pacchero è di un'azienda di Fermo. I legumi di San benedetto dei Marsi in Abruzzo, il pesce da piccoli pescatori che portano giornalmente il pesce fresco che viene abbattuto nelle cucine del ristorante. Frutta e verdura di fornitori locali. Cioccolato dall'azienda Bagai di Piacenza. La cantina, sempre in costante crescita, vanta circa 700 etichette. Nell'ultimo periodo la ricerca è volta ad incrementare i vini del territorio.

Perché il ristorante Dalla Gioconda vale il viaggio

La filosofia di ristorazione che Stefano, Allegra e Davide hanno voluto per questo ristorante rappresenta un passaggio storico che segnerà il tempo e verrà ricordato a lungo, perché mette fine definitivamente alla proposta patinata colma di affettazione dei ristoranti stellati, per portare in sala un vero momento di convivialità e di gioia. La professionalità non è messa in discussione, ma la ricerca della spensieratezza e la volontà di ispirarsi ad un momento storico in cui “era permesso divertirsi” rendono l'intera proposta “larger than life”.

Altro motivo per cui far visita a questi ragazzi è dato dallo staff molto giovane ma allo stesso tempo molto preparato. L'età media è di 27/28 anni, ma sono ragazzi che hanno comunque una forte esperienza alle spalle. Qui farete la conoscenza di Nicholas Bratti, che cura la carta dei vini; di Allegra Tirotti Romanoff, architetto, che cura la parte dell'immagine, della comunicazione ed è la persona che durante il servizio mette a proprio agio gli ospiti con quella coccola in più; Alessio Canini, chef de rang e il “nuovo acquisto” Mary Calabrese, una giovane ragazza abruzzese proveniente dalla scuola alberghiera, molto brava e promettente. The last but not the least Stefano Bizzarri, sommelier patron, straordinario nel far sentire a casa chiunque solchi l'ingresso del ristorante.

Ultimo importantissimo motivo per cui non mancare all'appuntamento con Dalla Gioconda è che – al momento della stesura di questa recensione – con circa 100 euro a persona, mangi idealmente in un ristorante da 3 stelle Michelin. A buon intenditore.


Foto Direttore Editoriale Giovanni Mastropasqua Recensione a cura di:
Giovanni Mastropasqua

Direttore Editoriale

Marche


Opinioni Dalla Gioconda (1)

  1. Germanico

    Al tavolo conviviale, una cena indimenticabile

    5 / 5

    Ho avuto il piacere di cenare a inizi di settembre qui al Dalla Gioconda, dopo che diversi amici (giornalisti e appassionati di buona cucina) c'erano stati. A dire il vero avevo ascoltato pareri completamente diversi: chi ne usciva entusiasta e chi con aspettative deluse. Personalmente voglio rappresentare la schiera di chi ne è uscito colpito particolarmente: il menu degustazione è un viaggio sensoriale tra passato, presente e futuro, una cucina dove non ho trovato sbavature, anzi, un percorso che mi ha emozionato con alcuni piatti che mi rimarranno nella memoria a lungo. Mi è piaciuto anche molto il servizio, leggero, spontaneo, professionale e informale al tempo stesso. A 2 anni dall'apertura, trovo che siano maturi per fare il grande salto verso le luci della ribalta.

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