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Ristorante Maffei di Verona

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  • Ristoranti tipici regionali
  • Specialità: n.d.
Ristorante non verificato

Ristorante Maffei di Verona: ecco cosa scrivono i nostri segnalatori

Il Maffei, com’è chiamato dai veronesi, nasce come trattoria alla fine dell’ottocento evolvendosi a ristorante nel corso di più di cento anni di storia, senza mai perdere la propria identità. L’omonimo palazzo in cui si trova chiude un lato di Piazza Erbe: il cuore pulsante di Verona sin dai tempi in cui la città era solo un castrum romano. Ancora oggi, anche solo attraversando distrattamente la piazza, si respira quest’aria pregna di vita e frenetica attività sociale, aria che rende quest’angolo della città tra i più belli e vissuti. Il ristorante prende spazio al piano terra del palazzo estendendosi fin nei sotterranei museali dove sono stati riportati alla luce i resti del vecchio Campidoglio romano, mentre in superficie si sviluppa fino a occupare il monumentale giardino che affaccia sulla piazza. Da cinque anni Luca Gambaretto, imprenditore veronese ventiseienne, ha preso in mano le redini della gestione, circondandosi di uno staff giovanissimo – l’età media non supera i trent’anni – volitivo e motivato nel rivalorizzare le antiche vestigia attraverso una cucina più moderna, che comunque non dimenticasse le sue origini veronesi. Luca si è formato negli anni proprio all’interno del locale, partendo dalle mansioni più umili della cucina ed evolvendosi fino a quelle gestionali. Una genesi d’altri tempi, quando la gavetta era lo strumento principe per la formazione imprenditoriale. Al suo fianco Matteo Balestra si occupa della cucina. Chef dinamico, di origini e formazione professionale veronesi, ha maturato esperienze estere divulgando la cultura del riso tra Europa e America, per poi accettare la sfida, al fianco di Luca, di una cucina espressa d’alto livello su numeri rilevanti. Non va dimenticato, infatti, che il ristorante si compone di un centinaio di posti a sedere divisi nelle varie sale, più una sessantina nell’enoteca e una settantina nel portico esterno. Per le pietanze si usano solo materie prime fresche, come pure per le verdure, che seguono i ritmi della stagionalità. Dalla pasta al pane e ai dolci è tutto fatto in casa e, per la pasticceria, non si usano preparati industriali: si preferisce rompere le uova e dividere albume da tuorlo come un tempo facevano le massaie. Se una liason con la tradizione la possiamo trovare nel cappello del prete brasato all’Amarone (e non è questa l’unica), preferiamo citare altri piatti che racchiudono la volontà di esprimersi attraverso le peculiarità alimentari del Bel Paese e non solo quelle veronesi. Un esempio è la tartare di manzo su burrata pugliese con senape di Digione e olive taggiasche (foto sotto), oppure gli spaghetti artigianali con calamaretto, bottarga di Cabras e pomodorini (foto a destra), e per finire il semifreddo alla batida de coco e gelato al rum con ananas caramellato, nel quale non si utilizza la farina e per questo è scelto principalmente dagli intolleranti al glutine. La cantina è immensamente ricca di prodotti del territorio, con verticali di annate di Amarone da capogiro, frutto di una storia che si è perpetuata dall’inizio del ‘900 a oggi.

Molti vini sono aperti e serviti al bicchiere, così come pure la cucina rimane aperta tutto il giorno durante il periodo estivo. Un menù ridotto permette di mangiare comodamente seduti all’aperto a qualsiasi ora del pomeriggio. Ma se si vuole qualcosa di romantico, allora non rimane che prenotare il tavolo “Giulietta e Romeo” e cenare circondati dalle vestigia dell’antico Campidoglio. 


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